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Utilizzo dell'idrogeno verde in settori hard-to-abate, le potenzialità italiane

Utilizzo dell'idrogeno verde in settori hard-to-abate, le potenzialità italiane

L'idrogeno rappresenta uno strumento essenziale per l'abbattimento delle emissioni in settori industriali ad alta intensità energetica come quello cartario o siderurgico. Ma quali sono le possibilità in Italia? E quali strumenti possono sostenere tale trasformazione?

L'elettricità è riconosciuta da molti come il vettore chiave della transizione energetica. L’elettrificazione dei consumi attraverso l'impiego di fonti rinnovabili può, infatti, accelerare l'abbandono dei combustibili fossili, ridurre le emissioni climalteranti e quelle inquinanti, aumentare l’efficienza energetica e tagliare i costi. Tuttavia, non per tutti gli usi finali si tratta di una strada percorribile.

Come decarbonizzare i settori "hard to abate"?
Una delle maggiori sfide climatiche del momento è riuscire a decarbonizzare i cosiddetti settori "hard to abate" in cui rientrano comparti industriali fortemente dipendenti dalle fossili sia per il fabbisogno di energia ad alta temperatura che di materie prime chimiche. Come ad esempio le acciaierie, le cartiere, i cementifici, il comparto petrolchimico e quello del vetro.

In questo contesto l’impiego dell’idrogeno verde sta assumendo un ruolo risolutore. La versione del vettore, ottenuta tramite elettrolisi dell’acqua alimentata a FER, si è identificata a più riprese come uno dei pochi strumenti validi per la decarbonizzazione di consumi difficilmente elettrificabili.

Le raffinerie e gli impianti di produzione dell’ammoniaca rappresentano i settori più promettenti da cui iniziare. Da soli questi due segmenti catalizzano oggi l’84% di tutto l’idrogeno (grigio) consumato a livello nazionale. Ossia o,5 Mton su o,6 Mton totali, cifra quest’ultima che rende l’Italia il quinto paese europeo per domanda di H2.

Cambiamo colore all'idrogeno
Cosa significherebbe “cambiare colore” al vettore in questi ambiti? Da un punto di vista puramente tecnologico non esistono particolari problemi, ma l'impiego di solo idrogeno verde comporterebbe una precisa produzione rinnovabile. A calcolarlo è l’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano nell’Hydrogen Innovation Report 2022. Il documento è il primo in Italia ad offrire un’analisi delle potenzialità dell’idrogeno verde (ma non solo) nei settori hard-to-abate. Secondo gli autori sostituire gli attuali 0,5 Mton di idrogeno grigio con la versione pulita si tradurrebbe in un fabbisogno addizionale di energia rinnovabile di circa 29,6 TWh.

In altre parole, escludendo la produzione dell’attuale parco rinnovabile nazionale, dovremmo installare almeno 16,4 GW di nuova capacità. Il valore diventerebbe più alto se si prendesse in considerazione il principio  della contemporaneità, presupposto in base al quale l'elettricità fornita dagli impianti FER deve essere generata contestualmente all’elettrolisi  per non generare scompensi alla rete. In questo stesso caso gli autori stimano che servirebbero 3,7 GW di nuova capacità di elettrolizzatori (dato legato al funzionamento a pieno carico).

E per gli altri settori “hard to  abate”? In questo caso l’aspetto tecnologico ha bisogno di maggiore attenzione. Se raffinerie e impianti di ammoniaca sono già in grado di passare ad un consumo di idrogeno verde al 100% senza grandi vincoli (proprio perché già consumatori del vettore), per industrie come quelle della carta, dell’acciaio o del cemento è necessaria un’operazione di riconversione.

Gli autori del report hanno preso in considerazione i cogeneratori, i forni e le caldaie attualmente impiegati da questi settori industriali e hanno stimato che l’attuale parco installato possa già ora passare ad un 20% massimo di idrogeno miscelato con il gas naturale. E che un 100% di H2 verde nell'alimentazione al momento attuale sia possibile solo con le caldaie.

Rivoluzione verde? 
Evoluzione tecnologica a parte, il rapporto fa luce sulla capacità - in termini di nuovi impianti rinnovabili ed elettrolizzatori - necessaria a convertire l’attuale produzione italiana  di acciaio, vetro carta e cemento all'idrogeno. Nel dettaglio, il documento stima che sostituendo tutto i carburanti fossili con l’idrogeno pulito servirebbero una produzione elettrica da FER di circa 117 TWh, per 64,9 GW di nuova potenza installata. Al contempo servirebbero 14,6 GW di elettrolizzatori che, funzionando a pieno carico, produrrebbero i 2 Mton/anno di idrogeno necessaria per un completa decarbonizzazione.

Per spianare la strada viene in aiuto il Piano nazionale di Ripresa e resilienza (PNRR). La Missione 2 del Piano, intitolata Rivoluzione Verde e Transizione ecologica, attraverso la sua seconda componente riserva 2 miliardi di euro per l’impiego dell’idrogeno nei settori hard to abate. L’intervento sostiene la definizione di piani di decarbonizzazione industriale finalizzati alla sostituzione del metano e dei combustibili fossili impiegati attualmente con idrogeno (anche autoprodotto) in una quota variabile da un minimo del 10% ad un massimo di oltre il 90%. A marzo 2023 Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha lanciato il primo l’avviso pubblico per la presentazione dei progetti, stanziando 450 milioni di euro iniziative di ricerca o sviluppo sperimentale per l’uso di idrogeno low carbon e di progetti di investimento per la produzione di idrogeno rinnovabile; e 550 milioni per sostenere gli investimenti nell’impiego dell idrogeno low carbon in processi industriali.

Non solo. A metà gennaio 2024 il ministro Gilberto Pichetto ha presentato lo schema di decreto che istituisce i nuovi incentivi alla produzione di idrogeno rinnovabile e al bioidrogeno. L’atto ministeriale - che rimarrà in consultazione pubblica fino al 4 marzo 2023 - mira ad introdurre un incentivo in conto esercizio per gli impianti in funzione dal 2024 al 2027. I contributi saranno assegnati attraverso procedure d’asta competitive, svolte nell’ambito di specifici contingenti. Per l’idrogeno verde, il decreto propone un contingente di 250.000 ton/anno, con eventuali sub-contingenti per il settore trasporti o quelli hard-to-abate. Per quello “bio”, invece, un contingente di 50.000 ton/anno.

Articolo realizzato in collaborazione con Rinnovabili.it 

PUBBLICAZIONE

29/01/2024

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