La strada in salita per la riqualificazione energetica dell’edilizia in Italia
Un tema che sarà al centro del confronto tecnico e politico fin dai prossimi mesi.
A fine maggio 2026 l’Italia e gli altri Paesi membri Ue dovranno recepire la Direttiva “Case Green” o EPBP 2024/1275 (Energy Performance of Buildings Directive).
Il nostro Paese è a metà strada in questo percorso, visto che ha raggiunto una riduzione dei consumi energetici, per quanto riguarda gli edifici residenziali, pari al 9,1% rispetto al 16% previsto al 2030 (in confronto ai livelli del 2020) dalla direttiva. Soprattutto grazie agli interventi di riqualificazione energetica realizzati tra il 2020 e il 2024, in particolare con il Superbonus 110%. Tuttavia, la strada da percorrere è ancora tanta e occorre investire oltre 84 miliardi di euro per completare la transizione energetica nell’edilizia, intervenendo soprattutto su 18,5 milioni di abitazioni in classe F-G.
Lo ha illustrato una recente indagine a cura del Centro Studi di Fondazione Geometri Italiani in collaborazione con Centro Studi Sintesi-CGIA di Mestre e Smart Land.
Secondo un altro studio di Agici, pubblicato ad aprile, per gli obiettivi dell’edilizia residenziale legati alla direttiva servirebbero al 2030 investimenti per 13 miliardi di euro all’anno (78 mld in 6 anni).
La direttiva EPBD punta ad un risparmio energetico del 16% per il settore residenziale, grazie ad interventi integrati che combinano almeno un intervento edile e la sostituzione dell’impianto termico. Per gli edifici pubblici servirebbero 2,5 miliardi all’anno (15 mld in 6 anni), e una cifra di 700 milioni all’anno per le imprese. Complessivamente, ci sarebbe bisogno di investimenti annui di circa 16,2 miliardi di euro entro fine decennio. Un impegno rilevante, ricordando anche che in Italia abbiamo più di 19 milioni le caldaie a gas installate, fra sistemi autonomi e centralizzati, di cui almeno 7 milioni con più di 15 anni.
Lo studio Agici ha analizzato il potenziale di riduzione di consumi ed emissioni degli interventi di efficienza energetica in combinazione con impianti a fonti rinnovabile. Il modello ha preso in esame i consumi energetici di edifici unifamiliari (100 mq) in diverse zone climatiche, rilevando una media di 21,5 MWh/anno, pari a 4,2 tonnellate di CO2/anno emesse.
Sono stati studiati interventi che combinano efficientamento e caldaia a biomassa, pompa di calore, fotovoltaico e accumulo elettrico, efficientamento e teleriscaldamento. Per l’abitazione unifamiliare, la tecnologia che permette di ridurre maggiormente le emissioni è la combinazione tra interventi sull’involucro, impianto fotovoltaico, pompa di calore e accumulo, capace così di abbattere fino al 94% delle emissioni.
Tuttavia, la combinazione più efficiente dal punto di vista dei costi è quella che richiede interventi sull’involucro e caldaia a biomassa, perché presenta il costo livellato dell’abbattimento delle emissioni (LCCA – Levelised Cost of Carbon Abatement) più basso: 343 €/tCO2.
Simulando l’impatto delle detrazioni fiscali sui costi del progetto emerge che con le attuali aliquote, gli incentivi coprirebbero tra il 34% e il 35% del totale, mentre i risparmi sulla bolletta generati dall’intervento sarebbero tra il 22% e il 36%.
Per il modello rivolto ai condomini, l’integrazione tra coibentazione dell’involucro e teleriscaldamento sembra la soluzione più efficace, in grado di ridurre l’89% delle emissioni. Sono stati analizzati i consumi energetici di condomini di diverse dimensioni (superficie media di 9.735 mq) con consumi medi intorno a 1,38 GWh/anno ed emissioni di CO2 di 279 t/anno. Anche in questo caso sono state studiate combinazioni tecnologiche che includono, oltre all’efficienza energetica, l’impianto a biomassa, la caldaia ad alta efficienza con fotovoltaico o teleriscaldamento.
La combinazione più efficace è risultata, come detto, quella con il teleriscaldamento, anche dal punto di vista del costo di abbattimento della CO2 (1.038 €/ton). In questo caso gli incentivi considerati, una combinazione di detrazioni fiscali e Conto Termico per specifiche voci di costo, andrebbero a coprire tra il 34 e il 36% dei costi totali di progetto.
Sul fronte degli incentivi, i modelli mostrano che le detrazioni fiscali non riescono a stimolare sufficientemente gli investimenti privati, soprattutto se combinati con schemi di finanziamento bancario. La combinazione dei titoli di efficienza energetica con lo schema di finanziamento Energy Perfomance Contract (EPC), che prevede di ripagare gli interventi con i risparmi ottenuti dagli interventi di efficientamento, si è dimostrata invece la più efficiente e capace di mobilitare capitale privato generando ritorni positivi. Questa combinazione è però considerata efficace soprattutto per interventi che generano risparmi a costi contenuti e quindi con livelli di riduzione delle emissioni compresi tra il 20 e il 50%.
Articolo a cura di QualEnergia.it